Neppure il grande Luigi Veronelli, che giustamente chiamava con il nome italiano di carati le barrique, è riuscito a trovare un nome italiano che traduca dal francese la parola magica cru, con tutti i suoi forti e numerosi significati.
Così, quando con un gruppo di amici e produttori qualificati, dopo non poche riflessioni, abbiamo deciso di dar vita al Comitato Grandi Cru d’Italia, che riunisce i produttori di alta e costante qualità nel corso di almeno 20 anni, per distinguerli dai vignaioli della domenica entrati nel vino per moda e per molti capitali da investire e lauti compensi da pagare a enologi di tendenza, ci siamo dovuti arrendere a usare anche noi la parola cru, che dalla classificazione napoleonica del 1855 indica i migliori vini dei cugini francesi.
E’ nato così, circa otto anni fa, il Comitato Grandi Cru d’Italia. Con uno scopo semplice e complesso allo stesso tempo: riunire sotto questa sigla, nel suo web site www.grandicruditalia.it, e in varie pubblicazioni, la larga parte appunto dei produttori e di un loro vino in particolare che da almeno 20 anni garantiscono al mondo la qualità più alta.
Ma se in Francia era stata l’autorità napoleonica, per dare una risposta adeguata durante l’Expo universale di Parigi, a decidere quali erano i grandi cru francesi e a dividerli in più categorie, basandosi essenzialmente sul prezzo che equivaleva a qualità, dai prémier cru ai grandi crus classés ai crus semplicemente classés, in Italia nessuna autorità al giorno d’oggi avrebbe potuto permettersi una tale selezione.
Ma oggi c’è nel mondo un’autorità ben più autorevole di una commissione governativa, il libero mercato, dove sono i critici del vino, le riviste e le guide a classificare ogni anno i migliori vini che il consumatore può acquistare.
Così, dall’incrocio delle maggiori guide e riviste italiane e internazionali, sono stati selezionati circa 100 vini (e produttori) che incarnano sia qualità, consistenza e affinità tra loro, oltre che la rappresentatività delle varie zone vinicole del paese.
A differenza del Conseil francese, la composizione del Comitato è sostanzialmente aperta, mentre in oltre 150 anni solo un vino è stato aggiunto alla classifica napoleonica: Château Mouton al quale Philippe de Rothschild, già socio del primo vino classificato nel 1855, Chateau Lafite, ha dedicato oltre 40 anni della sua vita, non di banchiere come i cugini ma di drammaturgo, per riuscire nell’intento di far crescere la lista napoleonica di ben una sola unità. La storia di questa affascinante avventura è raccontata dallo stesso Philippe de Rothschild, che scomparso da tempo ha lasciato il testimone alla figlia Philippine, in un magnifico libro in forma di dialogo con il nipote omonimo intitolato Vivre la Vigne, che tutti i produttori e gli appassionati di vino dovrebbero leggere. Quindi, in quanto lista aperta, quella del Comitato Grandi Cru d’Italia è aggiornata periodicamente in modo che i Soci sposino sempre le caratteristiche richieste dallo Statuto che si riassumono così: attivi come vitivinicoltori da almeno 20 anni e con almeno un vino riconosciuto da almeno 20 anni come eccellenza da critica e mercato. Criteri essenziali per mostrare al mondo del vino, ai consumatori, ai professionisti che anche in Italia, che divide con la Francia il primato della produzione, esistono aziende che negli anni garantiscono la qualità massima e sono riunite in un Comitato che a sua volta rappresenta il marchio di garanzia del vino italiano migliore, cioè competitivo non solo con i grandi cru francesi ma anche con le migliori etichette di tutto il resto del mondo.